La storia di Anne, isolata dal mondo travolto dagli eventi della seconda guerra mondiale, si consuma, tra ricordi e presente, nell’arco di una giornata in un rifugio-soffitta protetto dagli adulti.
Il suo isolamento viene interrotto dall’arrivo di Paola con la quale condividerà i silenzi, i voli fantastici, l’incomprensione per una guerra spietata e la voglia di vivere, nonostante tutto.
Attraverso i personaggi si delinea la realtà, malinconica e coraggiosa allo stesso tempo, del “diverso” di ogni tempo. Un’epoca di segregazione conosciuta e ormai “storia”, si dilata nel presente di guerre in corso e da venire. L’ingiustizia e la crudeltà di una guerra razziale viene dipinta dalla profonda “umanità” dei personaggi con il loro carico di debolezze, rabbia, forza interiore e speranza per un futuro migliore. Privo di vittime ed eroi lo spettacolo offre uno momento di riflessione sulle estreme conseguenze di un atteggiamento... non troppo lontano dal comune sentire nei confronti di popoli “diversi” dal nostro.
NOTE DELL'AUTORE
Uno spettacolo sulle diversità, la colpa di due ragazze d’essere considerate diverse. Perché ebree, e rifugiate in una soffitta.
Questa è la storia dello spettacolo e mille potrebbero essere le vicende da raccontare. Ma è proprio solo storia?... O viceversa è cosa più attuale? Filosofia dei tempi nostri, forse...
Certo è che tutto il mondo aborrisce l’idea che oggi nulla sia cambiato... Ma se così è, cosa sono i... Rwandesi... I Curdi... Gli Albanesi... Fatti d’oggi, degli anni duemila. Sono problemi di razza, di etnie diverse, storie di immigrazioni, di barche piene di gente... Di povera gente... Ma chi sono veramente... i poveri, chi sono veramente... i diversi... e cosa vuol dire “non essere razzista”... Questi sono gli interrogativi che mi pongo continuamente.
L’animale sociale è colui che riesce ad accettare e rispettare le diversità. Una battuta dello spettacolo “... Siamo tutti uomini del mondo, dello stesso mondo; abitudini, religioni, cultura e costumi sono come la natura vuole che sia...
“Lo spettacolo vuole raccontare il problema delle diversità... Che sia in Europa, in Africa o in America, capire ed accettare i “diversi” vuol dire in fondo accettare se stessi; degni d’essere chiamati uomini.
Io sono meridionale, sono nato in Sicilia e quando per lavoro la mia famiglia si è trasferita a Varese, nel 1967, avevo solo 11 anni, ero un “terrone” e la professoressa in prima media mi ha messo all’ultimo banco con un sardo. Anch’io ero un diverso... un bambino incolpevolmente castigato all’ultimo banco... Anne e Paola sono, nello spettacolo a loro volta, incolpevolmente castigate in una soffitta... in Silenzio.
Credo... che tra me e le protagoniste dello spettacolo non ci siano molte differenze.
Testo di Aldo Sicurella
Con: Monica Pisano, Cristiana Andria, Daniela Porcu, Aldo Sicurella
I Pupazzi della scena di “Auschwitz” sono di Otello Sarzi
Animazione pupazzi Barbara Caddeo e Roberta Lippi
Musiche originali Antonio Vilardi
Scenografia Francesco Margutti, Mirella Capannolo
Decori Flora Chiaverini con Sabrina Manai
Fonica e luci Nicola Pisano
Macchinista di scena Antonello Mellai
Regia di Aldo Sicurella
Tecnica utilizzata: Teatro d'attore e pupazzi |
Fascia d'età: 10/18 anni - serale |
Durata: 90' |
Locandina |
Foto di scena |