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IL DESERTO DEI TARTARI

Cammina cammina lucertolina ok

 

Buzzati affermò in una intervista “L’idea del romanzo nacque dalla monotona routine redazionale notturna che facevo a quei tempi al Corriere della Sera” - Tutte le notti a non fare niente in attesa di una notizia, presumibilmente di cronaca nera - “Molto spesso avevo l’idea che quel tran – tran dovesse andare avanti senza termine e che mi avrebbe consumato così inutilmente la vita”. Dino Buzzati

Giovanni Drogo, un giovane ufficiale, parte una mattina di settembre dalla sua città per la Fortezza Bastiani, che da secoli si staglia, con le sue ridotte, i suoi fortini, le sue casematte, ai margini di un inesplorato deserto…
Ho sempre pensato che il Deserto dei Tartari (pubblicato, non credo a caso, nel 1940) sia una folgorante metafora del viaggio dell’uomo verso la Solitudine e verso la Morte: un viaggio ad una sola direzione, che non ammette ripensamenti né arretramenti (tornare a casa, per Giovanni, è – psicologicamente, prima che fisicamente – impossibile).
Ed ho anche sempre ritenuto che quel deserto sia il vuoto, l’assenza, la negazione della Speranza: nessuna avventura, nessuna impresa, nessuna ora di gloria, nessun riscatto è possibile per Drogo, come per tutti noi.
Nella mia riduzione ho cercato di “far passare” (e mi auguro arrivi allo spettatore), la radicale aristocraticità di questo messaggio pessimistico: dal quale tuttavia sembra filtrare un filo di pietà, a cui ciascuno può, se vuole, abbeverarsi…

 

di Dino Buzzati

con Simeone Latini

regia Lelio Lecis

 

costumi Marco Nateri

spazio scenico Valentina Enna

assistente regia Julia Pirchl

direzione tecnica Lele Dentoni

assistente tecnico Nicola Pisano

fotografia Stefano Cancellu

 

Una produzione Akroama TLS

 

Durata 60'